Ci furono molti errori nella gestione dell’impianto e negli interventi successivi, ma non mancarono episodi di eroismo. Soprattutto nelle prime ore, molti intervennero probabilmente non sapendo bene a cosa stavano andando incontro. Ma sicuramente lo sapevano i tre volontari che si offrirono per scendere nelle profondità dell’impianto.
Al di sotto del reattore (indicato con il n. 1 nella figura sottostante in cui è rappresentato l'impianto prima dell'incidente) vi erano due grandi vasche (n. 18 e 19) che servivano da riserva d’acqua, da utilizzare sia per le pompe di raffreddamento di emergenza, sia per il sistema di soppressione capace di condensare il vapore nell'eventualità di una rottura di una tubazione di vapore. In quest’ultimo caso, i rilasci di vapore venivano fatti confluire all'interno delle vasche per gorgogliare attraverso uno strato di acqua.
A valle del disastro (vedi la parte a destra della figura in alto), le vasche ed il basamento erano allagati per la rottura delle tubazioni dell’acqua di raffreddamento ma anche per l’accumulo dell’acque usata per cercare di spegnere l’incendio.
Questa grande quantità di acqua, costituiva un grande pericolo: se il materiale radioattivo semiliquido, simile alla lava che bruciava attraverso i vari piani, fondendo il cemento, fosse arrivato a contatto con l’acqua, si sarebbe verificata una grande esplosione, con una diffusione di materiale radioattivo che si sarebbe disperso nell’atmosfera insieme al vapore.
Era necessario svuotare le vasche.
L'unico modo per farlo era quello di azionare manualmente due valvole che si trovavano a tre metri sotto il livello del suolo, in un corridoio che, dopo l'incidente, era ormai inondato di acqua radioattiva.
Era il 2 maggio del 1986, erano passati 5 giorni dalle esplosioni che avevano sollevato l'enorme coperchio del reattore N. 4 e diffuso una nuvola di materiale radiattivo che raggiunse diverse nazioni ... abbastanza per capire, a chi conosceva l’impianto, cosa si poteva rischiare a scendere in quelle acque.
Oltre al gran coraggio, un altro requisiti di chi doveva azionare le valvole era conoscerne la posizione e saperle individuare: nei corridoi sotterranei, infatti, passavano un gran quantità di condotte iniseme ad un elevato numero di valvole e raccordi vari. Non si poteva andare a tentativi, era necessario agire nel più breve tempo possibile per limitare quanto più possibile l'esposizione alle radiazioni
Si offri volontario Alexei Ananenko – aveva partecipato alla costruzione della centrale nucleare, sapeva dove si trovavano le valvole – e con lui, Valery Bezpalov. Entrambi ingegneri nucleari, entrambi sposati con figli che ne aspettavano il ritorno a casa.
Mentre si preparavano per la missione, notarono che avrebbero avuto bisogno di qualcuno che avrebbe dovuto mantenere la lampada subacquea mentre loro lavoravano immersi. Si offrì un giovane operaio, Boris Baranov.
Il livello dell'acqua era molto alto, tale da sommergere completamente le valvole: si decise di utilizzare delle motopompe con cui si portò il livello dell'acqua all'altezza delle caviglie.
Era il momento, per i tre di agire ed incamminarsi nella loro discesa. Mille saranno stati i pensieri che gli saranno passati per la testa, sopratutto la paura di non riuscire a trovare le valvole giuste o che queste fossero in qualche modo bloccate nella posizione chiusa.
Ad un certo punto si sentì il rumore dell'acqua che scorre: le paratoie si aprirono e i grandi volumi di acqua radioattiva defluirono via. C’è l’avevano fatta.
Su quello che successe dopo si trovano varie ricostruzioni: molti affermano che i tre morirono a seguito dell'esposizione alle radiazioni subito dopo essere emersi dall'acqua o comunque nei giorni successiva.
Indagando su internet, mi sono imbattuto in un articolo datato 26/04/2018 (qui il relativo link) in cui si riporta che il Presidente dell'Ucraina, Porosenko
ha premiato, per il coraggio mostrato nell'incidente di Chernobl, Alexey
Ananenko, Valery Bespalov e Boris Baranov.
I primi due hanno ritirato il
premio di persona, mentre si spiegava che Baranov è morto nel 2005 a seguito di
un attacco di cuore.
Dobbiamo ricordare con gratitudine le tante persone che durante l'incidente si adoperarono per evitare che la catastrofe assumesse dimensioni ben maggiori, sperando che eventi del genere non si ripetano mai più.
Dobbiamo ricordare con gratitudine le tante persone che durante l'incidente si adoperarono per evitare che la catastrofe assumesse dimensioni ben maggiori, sperando che eventi del genere non si ripetano mai più.
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